Aiuti di stato e “vincoli” alla delocalizzazione
WhatsApp Telefono E-mail

Aiuti di stato e “vincoli” alla delocalizzazione

I processi di delocalizzazione (intesi come trasferimento di una attività economica, o di una parte di essa, da una zona / Paese ad un altro) mal si conciliano con l’utilizzo di aiuti pubblici da parte dell’impresa che li pone in essere. Del resto, tali operazioni spesso sono determinate dall’intento di ridurre costi (per esempio del lavoro) o tassazione, circostanze che determinano inevitabilmente un danno per il tessuto economico e sociale locale.

Ed invero sono diverse le disposizioni normative (di vario rango), seppur poco organiche tra loro ed in alcuni aspetti di non facile interpretazione, che vietano processi di delocalizzazione per le imprese che beneficiano di aiuti di stato. Tra queste particolare rilievo riveste il recentissimo DL 104/2023 “Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici”, entrato in vigore l’11 agosto 2023, il cui art. 8 estende il periodo di divieto (cd periodo di monitoraggio) da 5 a 10 anni per le Grandi Imprese, apportando in tale senso modifiche all’art. 5 del DL 87/22018 “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” (cd. Decreto dignità”), convertito in Legge 96/2018.

In particolare, il decreto 87/2018 (v. art. 5, commi 1 e 2) prevede che laddove una impresa beneficiaria di aiuti di stato per impianti produttivi avesse poi delocalizzato, nei 5 anni successivi, la propria attività in un paese extra UE, o in un sito diverso da quello incentivato nel caso di incentivi specificamente localizzati, sarebbe incorsa nell’obbligo di restituzione dell’incentivo ricevuto (a seguito della cosiddetta decadenza) maggiorato degli interessi legali ai sensi dell’articolo 9, comma 4 del D. Lgs. n. 123/1998 (tasso di sconto maggiorato di 4 punti base), oltre all’applicazione di una sanzione da 2 a 4 volte l’importo dell’agevolazione concessa.

Ebbene, con il sopra richiamato DL 104 il Governo italiano ha inteso estendere il periodo di decadenza da 5 a 10 anni, ma ciò unicamente per le Grandi Imprese. Ricordiamo che ai sensi de Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18 aprile 2005 “Adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese“ è definiva “Grande Impresa” quella che ha un numero di dipendenti (in termini di ULA) inferiore a 250 e un fatturato o un attivo patrimoniale inferiore rispettivamente a 50 milioni e 43 milioni di euro (per i parametri dimensionali delle imprese, v. anche https://www.forlaniconsulting.eu/criteri-dimensionali-pmi-imprese-femminili-imprese-giovanili/). Attenzione perché i parametri dimensionali risentono anche dei dati relativi alle imprese eventualmente collegate o controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile.

NON essendo riportate nel DL. 104 disposizioni transitorie, dubbi sorgono in punto alla decorrenza dell’efficacia della norma stessa, ovvero se la medesima si applichi solo alle imprese che ricevano aiuti successivamente all’entrata in vigore del decreto, oppure anche per coloro che li hanno ricevuti in precedenza. Ad ogni buon conto, si ritiene che regole generali e di buon senso indichino come non soggetti alle nuove disposizioni coloro per i quali il già vigente periodo di decadenza di 5 anni si sia già concluso.

Ricordiamo altresì che per aiuti di stato si intendono, ai sensi dell’art. 107 del TFUE, qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Sono quindi (di contro) ritenuti leciti quegli aiuti che non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione, e siano per esempio destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, o a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio.

A parte l’estensione del divieto di localizzazione, restano invariate invece le altre disposizioni previste in merito dal Decreto Dignità, mentre quindi resta tutto uguale per le imprese che non rientrano nel novero delle Grandi Imprese come sopra definite (le cosiddette PMI).

Uscendo ora dall’ambito del decreto in questione, ma sempre in tema di divieto di delocalizzazione in presenza di concessione di aiuti di stato, va osservato che l’art. 66 del Regolamento UE n. 1060/2021 “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea” (cd. TFUE) dispone espressamente che le spese a sostegno di una delocalizzazione non sono ammissibili a contributi (par. 1) e che se un contributo si configura come aiuto di Stato va accertato che il contributo medesimo non fornisca sostegno ad un delocalizzazione, e ciò indipendentemente dalla dimensione dell’impresa. Coerentemente a tale disposizione, le Regioni (italiane) nell’emanazione dei bandi per la concessione di incentivi a supporto dei più svariati investimenti (per esempio innovazione, sostenibilità, riqualificazione turistica, ricerca e sviluppo) individuano tra i requisiti di accesso alle agevolazioni il fatto che il progetto presentato non sia parte di una delocalizzazione aziendale, richiedendo in tale senso anche specifiche dichiarazioni sostitutive di atto notorio in sede di presentazione delle istanze (controlli ex ante). Ricordiamo inoltre che generalmente in tali bandi gli Enti Gestori si riservano il diritto di effettuare controlli anche in momenti successivi all’erogazione dell’incentivo (generalmente fino a 3 anni dopo l’erogazione) (controlli ex post), e nei casi venga accertato il venir meno di un requisito di ammissibilità (come appunto quello di non delocalizzare) si procederà alla revoca dell’incentivo con richiesta di restituzione di quanto erogato.

Inoltre, sempre in coerenza con i dettati europei, le Regioni richiedono ai beneficiari dei contributi concessi ai sensi dei bandi da esse emanati di garantire la cosiddetta “stabilità dell’investimento” per almeno 3 anni decorrenti dalla data di erogazione del contributo, a pena di revoca del contributo concesso, con conseguente restituzione dello stesso maggiorato di interessi legali. Tale principio di stabilità di estrinseca in vari obblighi, tra i quali: i) non cessare l’attività svolta all’interno dell’unità locale oggetto dell’intervento; ii) non trasferire l’attività produttiva al di fuori del territorio regionale, iii) non cedere o alienare a terzi i beni finanziati (salvo autorizzazione), iv) non apportare modifiche sostanziali al progetto che ne alterino la natura, gli obiettivi o le condizioni di attuazione (per i requisiti generalmente richiesti per l’accesso ai contributi e per le cause di decadenza e revoca, v. anche https://www.forlaniconsulting.eu/requisiti-per-accedere-ai-contributi-pubblici/).

Concludendo, indipendentemente dalla dimensione dell’impresa e dal tipo di progetto per il quale si richiedono aiuti di stato, è importante che l’impresa verifichi preliminarmente e approfonditamente i bandi e le normative in termini di decadenza dagli aiuti di stato, al fine di scongiurare il rischio di incorrere nella revoca degli aiuti e nell’applicazione di sanzioni, laddove abbiamo in programma nel futuro (più o meno prossimo) operazioni di delocalizzazione e o modifiche dell’assetto aziendale e societario.

Sottoponici il tuo progetto per un check up gratuito

Check up gratuito

Hai bisogno di chiarimenti?

Perché non ti iscrivi alla newsletter?

Nuovi bandi, nuovi successi, ultimi aggiornamenti… Tieniti aggiornato su tutte le novità iscrivendoti alla nostra newsletter.

Referenze

Orgogliosi di essere stati scelti…

Chi ci ha scelto